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RIDURRE AI MINIMI TERMINI

Nelle puntate precedenti abbiamo visto un semplice planner da usare per mettere a confronto pianificazione e realtà.

Torno sull'argomento perché questo planner (e tanti altri in realtà) è diviso in ore giornaliere. Non in settimane o mesi.

Perché?

In ottica di pianificazione, è preferibile ridurre tutto ai minimi termini (ragionevoli, i minuti o i secondi non avrebbero molto senso).

Immaginate di avere un'agenda davanti, digitale o cartacea poco importa.

La vostra giornata tipo è già divisa in minimi termini, ovvero blocchi di ore da riempire con le attività da svolgere.

È chiaro che un progetto intero (un obiettivo, un traguardo...), preso nel suo complesso, non potrà mai stare dentro a uno dei blocchi dell'agenda.

Da qui la necessità di ridurre ai minimi termini anche le attività - non solo il tempo - affinché ci siano compiti ragionevoli per ogni blocco di tempo ragionevole.

Questa cosa l'avrete già sentita: per portare a termine un progetto grande, dividetelo in tanti piccoli passaggi.

Di nuovo, perché?

Perché siamo pessimi nello stimare il tempo previsto dalle attività... Anche cronometrando, anche se di lì, anche se di là. Certo è che se fosse così semplice non ci sarebbero tutti questi ritardi...

Il problema è qui: se prendiamo un progetto intero e cerchiamo di stimare i giorni o le settimane necessari per finirlo, attribuiamo il tempo sottostimandolo e la probabilità di sbagliare aumenta.

Da qui la vera importanza di ridurre ai minimi termini un progetto intero.

Non stimiamo il progetto, ma ogni piccola attività. Prima segmentiamo e poi stimiamo.

Non lo dico io, ci sono tantissimi studi (tipo questo) che hanno messo in evidenza questo aspetto:

Il tempo che attribuiamo ad attività brevi è di solito sovrastimato (assegniamo più tempo del necessario ad attività piccole). Cosa che non avviene con il progetto nel suo insieme perché pensiamo che serva meno tempo del previsto: sottostimiamo.

Per semplificare: le attività brevi sono sopravvalutate e le attività più lunghe sono sottovalutate.

Questo avviene anche per via dei ripetuti arrotondamenti che si fanno con un elenco di attività brevi:

«Se un individuo deve svolgere una macroattività che ha quattro sottoattività e se ciascuna sottoattività richiede effettivamente circa 4 minuti per essere completata, è probabile che l'arrotondamento porti l'individuo ad allocare 5 minuti a ciascuna sottoattività, fornendo un'allocazione di tempo totale di 20 minuti.»

Con una sovrastima considerevole.

Per certi versi e soprattutto se non siamo ancora così allenati a stimare le cose da fare, è meglio sovrastimare il tempo e usare l'avanzo per altro piuttosto che pianificare tantissime cose pensando di farcela (per poi non farcela mai...).

Da qui l'importanza di ridurre in parti più piccole le attività da portare a termine.

Se ci pensate, ridurre ai minimi termini avviene anche con le note o gli appunti perché sono più efficaci quando il concetto segnato è unico, non ulteriormente divisibile.

Questo fenomeno riguarda anche la posta elettronica in termini di utilizzo (segmentare il controllo delle email) e di divisione delle aree (un account, un'etichetta, una cartella per ogni progetto).

Anche con la delega funziona allo stesso modo con la segmentazione dei compiti che aiuterà a definire meglio chi fa cosa. È più semplice delegare i minimi termini (attività precise) piuttosto che grandi insiemi.

Temi per approfondire:
- Planning fallacy
- Segmentation effect
- Fudge factor (o Fudge ratio)*

*Ci torneremo, ma è una sorta di coefficiente da usare per migliorare le stime.

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Debora Montoli
@DeboraAV

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