2021-03-27 15:15:32
"Nomadland" e la frontiera come mito inesauribile di speranza, scoperta, dedizione, fuga. C'è un'inquadratura nel finale che ricorda quella celebre di "Sentieri selvaggi" dove John Ford esce da una casa e noi lo vediamo da dietro la porta proseguire, solitario, per la sua strada, in quel Far West ostile, opprimente, eppure libero, privo di leggi.
In "Nomadland" il deserto è una città fantasma innevata; una città abbandonata, immiserita dalla crisi economica e dalla disoccupazione.
I fantasmi è meglio incontrarli per strada, e non nel passato. E allora si viaggia, non per fuggire dai ricordi, ma per rincontrarli, con nuovo spirito di osservazione, nel futuro. Si viaggia non per sfuggire alla morte, ma per attenderla meglio, consapevoli che ci sarà lei ad aspettarci chissà in quale confine di frontiera, e noi saremo sereni e la accetteremo, dopo tanto peregrinare.
La musica di Ludovico Einaudi è fin troppo banalmente sentimentale. Vabbeh.
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