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Gli ultimi messaggi 64

2021-09-27 19:30:24 UK: LA LUNGA SCIA DELLA BREXIT

AAA camionisti cercasi
10 mila visti temporanei di tre mesi a lavoratori stranieri. Questa la mossa di Boris Johnson per contrastare la carenza di 100 mila camionisti e di migliaia di lavoratori nelle fabbriche di carne. Brexit ha reso più difficile l’assunzione di cittadini europei e con la pandemia molti lavoratori stranieri sono tornati nei loro paesi d’origine.
In mancanza di manodopera in questi e altri settori essenziali, il rischio è che le interruzioni della catena di approvvigionamento di questi mesi si estendano alla stagione dei consumi natalizi, rallentando la ripresa economica. Viene così meno una delle promesse cardine della Brexit: la fine dell’eccessivo affidamento sulla forza lavoro straniera a basso costo.

Brexit means Brexit?
Da mesi i supermercati faticano a rifornirsi di beni primari e molti scaffali rimangono vuoti. Una situazione di emergenza a cui si è aggiunta la mancata distribuzione di carburante: in alcune aree tra il 50% e il 90% delle pompe nelle stazioni di servizio sono restate a secco questo fine settimana nonostante i tentativi di razionamento.
Già due settimane fa Downing Street ha così annunciato lo slittamento da ottobre a metà 2022 dell’inizio dei controlli sulle merci dell'UE che entrano nel Regno Unito. Se con Brexit il Regno Unito puntava a riprendere il controllo dei propri confini, al momento gli unici controlli in vigore sono quelli europei sulle esportazioni britanniche verso l'UE.

Global Britain: lavori in corso
Londra vorrebbe ora riscrivere il protocollo sull’Irlanda del Nord: pensato per preservare gli Accordi del Venerdì Santo, obbliga però le merci in arrivo a Belfast a passare sotto una moltitudine di passaggi doganali, causando ulteriori ritardi nell’approvvigionamento. Una prospettiva non gradita dall’UE ma neanche da Biden, che la scorsa settimana ha anche congelato le prospettive di un accordo commerciale USA-UK.
In mancanza di una sponda oltreoceano, il futuro commerciale del Regno Unito passa ancora una volta dal dialogo con Bruxelles. Lo ha capito anche BoJo che ha infatti subito tentato di ricucire con i francesi, infuriati per l’accordo AUKUS sui sottomarini. La strada per una normalizzazione delle relazioni con l’Europa resta però lunga, e al momento la “Global Britain” resta ancora una “European Britain”.

Nell’ISPI Daily Focus di questa sera: Germania, puzzle di governo. Su ispionline.it
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2021-09-24 19:28:45
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2021-09-24 19:28:39 USA, MIGRANTI: CRISI SENZA CONFINI?

No man’s land
Oggi si è dimesso Daniel Foote, inviato speciale degli Usa ad Haiti. Dimissioni che arrivano dopo una settimana in cui l’amministrazione Biden ha rimpatriato centinaia dei 13.000 migranti – molti dei quali haitiani – che si erano raccolti sotto a un ponte al confine tra Usa e Messico.
Una drammatica rappresentazione di ciò che succede da mesi alla frontiera tra Usa e Messico, dove nei primi otto mesi dell’anno sono stati intercettati 1,3 milioni di migranti. Numeri che non si registravano da vent’anni, il triplo rispetto alla media del decennio appena trascorso. E il 2021 non è ancora finito.

Pandemia ed espulsioni
I rimpatri arrivano a due mesi dal brutale assassinio del presidente Moïse, e a uno dal terremoto di quest’anno. Ma molti dei migranti rimpatriati negli ultimi giorni avevano già lasciato Haiti dopo il terremoto del 2010. Il loro ammassarsi alla frontiera statunitense rievoca le immagini delle “carovane” di migranti che nel 2018-2019 avevano messo sotto forte pressione l’amministrazione Trump.
Ma oggi c’è anche l’emergenza pandemica. Covid ha aggravato situazioni di povertà e degrado preesistenti, e la chiusura dei confini ha convinto molti migranti a rimandare la partenza fino a oggi. Inoltre, con un ordine esecutivo firmato da Trump, da marzo 2020 i migranti intercettati alla frontiera possono essere immediatamente espulsi.
È stato così per il 57% dei migranti fermati quest’anno. Persone che, però, difficilmente non tenteranno di passare di nuovo.

Do not come. Please?
La Casa Bianca è tra l’incudine e il martello: vorrebbe marcare le differenze da Trump (e ci ha provato con l’evacuazione da Kabul, accogliendo quasi 70.000 afghani in due settimane) ma è costretta a cercare di scoraggiare nuovi arrivi.
Da qui il “non venite” pronunciato dalla vicepresidente Kamala Harris a giugno. Adesso, i rimpatri degli haitiani. E quando settimana scorsa un giudice federale ha sospeso il permesso di espulsione immediata "trumpiano", l'amministrazione Biden si è subito attivata per ripristinarlo.
Segnali che le tensioni politiche sui migranti prescindono da Trump. E che, come in politica estera (il bilaterale con Putin, l’Afghanistan, Aukus), anche sul fronte interno si contano più affinità che divergenze tra le due amministrazioni.

Nell’ISPI Daily Focus di questa sera: Germania, si apre il dopo Merkel. Su ispionline.it
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2021-09-22 19:13:00
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2021-09-22 19:12:54 CRISI DEL GAS: INVERNO EUROPEO
Bollette alle stelle
Continua la scalata dei prezzi del gas naturale, mai così alti durante i mesi non invernali degli ultimi dieci anni. I paesi europei sono quelli più colpiti dal rincaro, con un +280% rispetto a gennaio. Ma aumenti dei prezzi a due o tre cifre si registrano ovunque, dagli Stati Uniti alla Corea del Sud.
Proprio oggi i ministri dell'energia dei paesi UE avrebbero dovuto fare passi avanti sul pacchetto “Fit for 55”, gli impegni europei contro il cambiamento climatico al 2030, e invece si ritroveranno a discutere dell’impennata dei prezzi. Che spinge l'inflazione nell’eurozona al 3%, danneggiando i consumatori e minacciando la ripresa. E che, soprattutto, getta dubbi sulla sostenibilità della transizione energetica.

Lo zampino di Mosca?
Le cause della crisi sono tante: i bassi livelli di stoccaggio dovuti ai lockdown invernali, l’improvviso aumento della domanda mondiale e lo scarso contributo dell’eolico. Ma anche Mosca potrebbe avere la sua parte di responsabilità.
La Russia è il principale fornitore di gas dell’Ue (43% delle importazioni totali), e secondo alcuni avrebbe volontariamente ridotto le esportazioni di gas verso l’Europa e lasciato gli impianti di stoccaggio che gestisce sul continente a livelli molto bassi.
Di certo questa è la versione sostenuta da circa 40 europarlamentari, che accusano Mosca di voler spingere al rialzo i prezzi per fare pressione sui governi europei – compreso il futuro esecutivo tedesco – affinché approvino definitivamente l’avvio del Nord Stream 2.

Tra pragmatismo e sostenibilità
Al di là delle presunte responsabilità russe, la crisi odierna porta allo scoperto tutte le difficoltà della transizione verde. Per disincentivare i consumi delle fonti fossili, è inevitabile che i loro prezzi aumentino. Ma il rischio è che questi aumenti colpiscano soprattutto gli strati sociali più poveri: già oggi quasi il 10% dei cittadini europei è “energy poor” e non può permettersi di riscaldarsi adeguatamente d’inverno.
Per l’Ue la sfida è duplice. Da un lato, evitare che la propria dipendenza energetica dai grandi produttori di gas porti a scelte poco ponderate in politica estera. Dall’altro, non abdicare al ruolo di guida mondiale nella lotta al cambiamento climatico. Un imperativo ancora più forte, visto che la COP26 di Glasgow è già dietro l’angolo...

Nell’ISPI Daily Focus di questa sera: Libia, elezioni a rischio. Su ispionline.it
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2021-09-21 19:38:25
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2021-09-21 19:38:20 EVERGRANDE “CONTAGIA” I MERCATI

Una nuova Lehman Brothers?
Il possibile fallimento di Evergrande spaventa i mercati globali. A Milano ieri la seconda peggiore seduta del 2021, mentre Dow Jones registra le perdite più significative da maggio. Il colosso dell’immobiliare cinese è in crisi di liquidità e potrebbe non essere in grado di onorare i suoi debiti: 300 miliardi di dollari verso creditori di tutto il mondo.
Le azioni di Evergrande, crollate del 90% nell’ultimo anno, sono incluse nei principali indici quotati di tutta l’Asia. E non solo: tra gli investitori della società compaiono anche molti fondi di investimento occidentali. Tra questi BlackRock, uno dei principali creditori di Lehman Brothers nel 2008.

Too big to fail?
Di salvataggi per ora non se ne parla. Una delle principali battaglie del governo cinese è infatti quella contro l’eccessivo indebitamento del settore privato, e si vorrebbe quindi evitare un intervento statale su un caso di così alto profilo. Tuttavia, un default di Evergrande e del settore immobiliare, da cui dipende il 25% del PIL cinese, non sembra realistico.
Quasi 4 milioni di cinesi lavorano direttamente o indirettamente per la società, e sono migliaia i piccoli investitori che rischiano di perdere i loro soldi. Le oltre 200 banche e istituzioni finanziarie con cui Evergrande è indebitata andrebbero sotto stress, riducendo la concessione di credito proprio durante il rimbalzo post-pandemia. Che l’unica soluzione disponibile sia proprio la nazionalizzazione di Evergrande?

Tutto oro quello che luccica?
Nonostante una possibile crisi finanziaria "in vista”, l’economia cinese continua a crescere. Le ultime stime dell’OCSE, pubblicate oggi, danno il PIL in aumento dell’8,5% nel 2021 e di quasi il 6% nel 2022. Percentuali ben più alte dei paesi OCSE. Stati Uniti e Eurozona a confronto si fermano intorno al 6% per il 2021 e al 4% per il 2022.
Attenzione però: le vendite al dettaglio e degli immobili, indicatori chiave dell'economia cinese, hanno fatto registrare ad agosto i valori più bassi dell’anno. Un segnale di come la situazione di Evergrande non vada sottovalutata. Dagli investitori, certo, ma neanche da Pechino.

Nell’ISPI Daily Focus di questa sera: La prima volta di Biden all’Onu. Su ispionline.it
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2021-09-20 19:10:48
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2021-09-20 19:10:41 CANADA: L’AZZARDO DI TRUDEAU

Momento di svolta...
Oggi si vota in Canada, due anni prima della scadenza naturale della legislatura. Il premier liberal Justin Trudeau ha indetto le elezioni ad agosto, e i partiti hanno avuto solo cinque settimane per fare campagna elettorale.
Trudeau ha giustificato lo scioglimento delle camere con il fatto che la pandemia ha cambiato tutto: “è un momento di svolta”, aveva detto. In effetti da agosto a oggi molto è cambiato davvero, ma non nel senso immaginato (e sperato) da Trudeau.

… o tutto come prima?
E dire che il Partito liberale di Trudeau, al potere dal 2015 ma dal 2019 costretto a guidare un governo di minoranza, sembrava avere il vento in poppa. Ad aprile i consensi per i liberal avevano persino superato il 40%, ancora più del 39% di sei anni fa.
Insomma, grazie a tassi vaccinali tra i più alti al mondo (il 75% della popolazione) e a una ripresa economica che ha permesso al paese di tornare già ai livelli pre-pandemia, tutto sembrava promettere bene per i liberali. E lo credevano anche i conservatori, primo partito di opposizione, che accusavano Trudeau di un “ingiustificato atto di forza” nell’indire elezioni così anticipate.
In poco tempo, invece, la partita si è fatta complicata: oggi i sondaggi danno liberali e conservatori appaiati al 33%, e un nuovo “Parlamento appeso” potrebbe addirittura costringere Trudeau a farsi da parte.

Passo indietro per il mondo?
I canadesi incolpano Trudeau per aver indetto elezioni nel mezzo di una quarta ondata di pandemia (anche se molto meno letale, grazie ai vaccini). E l’impegno liberal nella lotta al cambiamento climatico lascia freddi molti canadesi, che temono di perdere posti di lavoro e il loro alto tenore di vita, assicurati da petrolio e gas.
Adesso, con il declino dei liberali, molto potrebbe cambiare. O’Toole, il leader conservatore, preferisce un accordo commerciale con UK e Australia rispetto a quello siglato con l’UE, il CETA, bloccato da anni da alcuni governi europei. Per gli USA, se Trudeau si dimettesse Biden potrebbe perdere un prezioso alleato. E, senza un “alfiere” della lotta al cambiamento climatico, la strada per COP26 potrebbe farsi ancora più irta di ostacoli.

Nell’ISPI Daily Focus di questa sera: L’accordo AUKUS, visto dall’Europa. Su ispionline.it
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2021-09-17 18:57:29
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