2022-07-21 12:28:18
#Storia e Ambiente
«Fratelli miei, audaci Winnili, e anche voi, valorosi Eruli: i vostri padri conobbero l’amarezza della sconfitta pur essendosi battuti con onore contro il popolo dei Winnili e ora, dimenticando l’antica inimicizia fra le nostre genti, vi siete uniti ai nemici di un tempo. Molte generazioni fa la nostra gente, guidata da Ibor e Aio, due guerrieri giovani ma che, con il loro valore, si erano meritati sul campo il rango di capi, abbandonò l’antica terra degli Avi, l’isola chiamata Scania, che più non riusciva a nutrire tutti i suoi figli diventati numerosi come le stelle del cielo. I nostri guerrieri non ebbero timore di scontrarsi con i Vandali nella terra di Scoringa, e Frea donò loro la vittoria. Non li fermarono le paludi e gli acquitrini della Mauringa, la terra degli Assipitti, né li sottomise Tiberio quando, spinto dall’avidità e dall’ambizione, invase Golanda, la loro nuova patria, scacciandoli oltre l’Elba. Ma i figli dei loro figli videro in Arminio un nuovo condottiero, quando, dal Reno all’Elba, le donne cantarono le imprese del cherusco. Egli conosceva i Romani, avendo offerto loro la sua spada, e sapeva che essi non sono invincibili: non combattono per la libertà del loro popolo, ma per soggiogarne altri, spinti non dall’onore che si guadagna dimostrando il proprio coraggio sul campo di battaglia, ma da una dura disciplina e dalla voglia di impadronirsi di ciò che loro non appartiene. Nè riuscirono gli Unni a privare della libertà il nostro popolo, quando Laiamicho vendicò il nostro re, Agilmondo. Dopo aver attraversato la terra dei Rugi, i nostri antenati si rassegnarono forse a pagare tributi agli Eruli? No, li affrontarono in battaglia, uccidendo il loro re Rodolfo. Né sono trascorsi molti inverni da quando il prode Audoino schiacciò i Gepidi e Wotan concesse a me, suo figlio, di conficcare in un palo davanti alla mia tenda la testa di Torrismondo, il figlio del loro re e di infliggere la stessa sorte a Cunimondo. E ora ditemi, fratelli miei: per quanto tempo ancora permetterete che i Romani si crogiolino al sole dell’Italia sorseggiando il dolce succo della vite, mentre voi vi spezzate la schiena per sfamare i vostri figli con dure focacce di segale e d’orzo, passando il lungo inverno in una capanna umida in queste terre di nebbie e di gelo? O lascerete l’Italia ai Franchi? Non importa che voi siate Winnili, Gepidi, Eruli, Unni, Sarmati, Svevi, Sassoni o Romani: ora siamo un unico, grande popolo ed io vi chiedo di seguire il vostro re nella nuova patria che ci attende, l’Italia. Chi di voi è pronto a seguir…»
https://www.ereticamente.net/2022/07/la-mia-amazzonia-piero-rivoira.html
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