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Lettera di un nostro collega alla futura rettrice Gentile p | Comunicazioni Padova - SCGP e Fuori Perimetro

Lettera di un nostro collega alla futura rettrice


Gentile professoressa Mapelli,
Sono uno studente di scienze psicologiche cognitive e psicobiologiche. Le scrivo in quanto mi é parso, dalle sue ultime dichiarazioni e dalle dichiarazioni di molti rappresentanti della cultura del nostro paese, che non sia chiara la contrapposizione tra visioni del mondo che oggi è in atto. Mi permetto, quindi, di proporle una suggestione personale: da un lato vi è la visione dominante, basata sulla paura, in cui non si può certo trovare alcun male; da psicologa sicuramente conoscerà meglio di me l'inestimabile valore di questo meccanismo.
La paura, nella visione dominante, è mascherata da quello che molti chiamano "bene comune", ovvero l'utilizzo di tutte le risorse ed energie vitali indirizzate verso la sopravvivenza fisica, l'inclusione nella società-branco e l'evitamento della sofferenza potenziale, ad esempio causata da una perdita.
È evidente come la paura giustifichi l'avvicinamento fra ciò che viviamo in questi giorni e l'etichetta di "emergenza sanitaria".
Forse saprà meglio di me quanto il protrarsi di stati affettivi negativi connessi alla paura e alla preoccupazione generino aggressività o rigidità e iper-controllo, fattori assolutamente riscontrabili in una società che prosegue nella direzione di una progressiva schedatura e monitoraggio degli individui e dei beni, in cui anche il tema caldo del "certificato verde" si inserisce.
Nella visione dominante la paura determina la convinzione secondo cui il sistema politico ed economico e la società-branco siano come dei genitori capaci di fornire protezione ed ai quali, se si desidera godere di "affetto", che tradotto significa ricevere denaro, diritti, riconoscimento e senso di inclusione è necessario prestare loro il proprio ascolto, la propria fiducia e la propria fedeltà.
Un sistema retto dalla paura è necessariamente separativo. Divide le persone invece di unirle e confonde il bene collettivo con la zona di comfort individuale, tanto da essere giunti al punto che, chi desidera rimanere come Dio lo ha fatto, o come mamma lo ha fatto, viene tacciato di colpe inesistenti derivanti da una visione alquanto "ristretta" del bene comune, e viene chiesto di mostrare un marchio che attesti un dubbio stato di salute, pena esclusione dalla società in senso largo.


La seconda visione, quella emergente, è fondata sul senso di vitalità che trascende il bisogno di iper-protezione. Il senso di vitalità, in questa seconda visione, si esprime individualmente come una spinta, una ricerca curiosa di verità, libertà e gioia supportata dalla volontà di accrescere quelle qualità interiori sane e quella scintilla creativa che ogni essere umano possiede.
In questo caso, l'individuo sceglie di dedicare maggior energia alle arti, ai saperi, al gioire e alla ricerca di significati sempre più profondi, piuttosto che al timore di non sopravvivere, ricordandosi che la morte è il destino dell'uomo.
A livello collettivo nasce negli individui che appartengono a questa visione, un senso di comunità e di "bene" diversi, definibili come un sentimento di appartenenza al pianeta e alla natura tutta ed un'innata fratellanza tra umani. La comunità qui anelata è inclusiva delle diverse opinioni, priva di pericolosi buonismi, promuovente la libertà e l'autodeterminazione intesa come assunzione della responsabilità, da parte dell'individuo, dei propri limiti e dei propri state affettivi negativi. Tale comunità ha in sé come valori fondanti il senso di umanità, solidarietà e aiuto come riconoscimento della nostra natura e non come "contratto sociale". In questa comunità anelata, la sanità si configura come un diritto da garantire a tutti , non come un obbligo da imporre, poiché nessuno può imporre a nessuno alcunché.
I bambini, che per una fase hanno necessitato delle "cure" di papà sistema economico-politico e mamma società-branco, sono ora adulti e intenzionati a gioire e camminare insieme, ma sulle proprie gambe.questo quadro non è da intendersi come mera speculazione filosofica, ma come brevissima sintesi di