2022-02-08 11:42:26
Era il 29 novembre 1889. Per la giovane di colore iniziava una nuova vita. Il 9 gennaio dell'anno seguente riceveva dal patriarca il battesimo con i nomi di Giuseppina, Margherita e Fortunata, e insieme la cresima e la prima comunione. Fu per lei una giornata memorabile, incredibile. La consapevolezza di essere diventata, da schiava che era e per di più nera e ignorante, figlia di Dio la sgomentava e insieme la colmava di gioia. Si rammaricava per non avere nulla da offrirgli in cambio. «Ma tu lo ami il Signore "la consolava la sua catechista". Questo basta».
Intanto, vivendo e approfondendo la sua esperienza religiosa, Bakhita maturava il desiderio di consacrarsi al Signore nella vita religiosa canossiana. Temeva però di manifestarlo ritenendo che la sua condizione di nera non avrebbe giovato alla congregazione. Quando lo fece, fu accolta a braccia aperte. Dopo tre anni di noviziato, l'8 dicembre 1896, a Verona, pronunciava i voti. Era felice. Lo stesso patriarca di Venezia, il cardinale Sarto, futuro Pio X, dopo averla esaminata, l'aveva incoraggiata nella sua scelta: «Pronunciate pure i voti "le aveva detto". Gesù vi vuole. Gesù vi ama; voi amatelo e servitelo sempre così».
Dopo la professione venne mandata nel convento delle canossiane a Schio, Vicenza, dove rimarrà per quarantacinque anni, edificando le consorelle per la sua umile disponibilità ad accettare e svolgere qualsiasi incombenza le venisse richiesta: in cucina, in guardaroba, in portineria, a ricamare... E guadagnandosi la stima di tutti, fuori dal convento, per la sua bontà, dolcezza, cordiale accoglienza, soprattutto dei poveri e dei bambini che frequentavano le scuole dell'istituto, i quali ascoltavano incantati i racconti della «madre moretta». Seppe essere per tutti una vera testimone dell'amore di Dio, che lei con un misto di familiarità e riverenza chiamava alla veneta «el me Paron».
Si occupò anche delle missioni. Per un paio d'anni fu nel noviziato missionario di Vimercate, dal quale partiva con una consorella reduce dalla missione in Cina per recarsi in varie città d'Italia a promuovere lo spirito missionario. E la sua storia «meravigliosa», di piccola schiava, di convertita, di amata da Dio a tal punto da farla tutta sua, costituiva il nucleo centrale di ogni incontro. Due anni di viaggi, su e giù per l'Italia, che le costarono molta fatica ma durante i quali ha lasciato una scia di bontà. Lasciava a tutti questo semplice messaggio: «Siate buoni, amate il Signore, pregate per quelli che non lo conoscono. Sapeste che grande grazia è conoscere Dio». E avrebbe voluto lei stessa poter volare presso la sua gente, per far conoscere a tutti l'amore di Dio.
Visse le drammatiche esperienze di due guerre. Dalla prima ne era uscita rinvigorita nello spirito per il grande bene che aveva fatto tra i soldati feriti ricoverati negli ospedali militari, e tra la gente, per alleviarne le sofferenze fisiche e le angustie morali. Dalla seconda, invece, uscì fortemente provata nel fisico. Gli anni ormai erano tanti. Nel dicembre del 1943 con la comunità religiosa e i cittadini di Schio aveva festeggiato (nei limiti concessi dai difficili tempi di guerra) il cinquantesimo di vita religiosa. Un bel traguardo che porta inevitabilmente con sé un bel po' di acciacchi, per lei in particolare un'artrite deformante che la obbligò prima ad aggrapparsi al bastone per muoversi e poi a ricorrere alla sedia a rotelle, e una bronchite asmatica con la tosse che le squassava il petto.
Stava male, ma non si lamentava mai. Accettava tutto con coraggiosa pazienza. Il suo pensiero andava a Gesù in croce, alla Madonna addolorata e ogni guaio diventava sopportabile. «Come sta?», le chiedeva chi andava a farle visita. «Come volo el Paron, come vuole il Padrone», rispondeva con un tono che non sapeva di rassegnazione, ma era testimonianza di fede, di bontà e di speranza cristiana.
Alla fine sopraggiunse una polmonite, che le fu fatale. Durante l'agonia rivisse i terribili giorni in cui, bambina, era prigioniera. Tanto da supplicare l'infermiera di «allargare le catene perché pesano».
41 viewsIldegarda, 08:42