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'L'anima la si ha ogni tanto. Nessuno la ha di continuo e per | Mondo filosofia

"L'anima la si ha ogni tanto.
Nessuno la ha di continuo
e per sempre"


WISLAWA SZYMBRORSKA

L'idea dell'anima come qualcosa di distinto dal corpo e che sopravvive a esso è propria di molte dottrine religiose antiche, ma è nella riflessione filosofica greca che si elabora un concetto unitario e individuale di anima e la nozione di immortalità.
Platone introdusse una concezione dualistica dell'uomo, considerando l'anima come principio simile al mondo delle idee, preesistente al corpo e dunque immortale. L'anima è unita al corpo come a un elemento estraneo e perfino ostile.
Aristotele si oppone al dualismo platonico sostenendo che l'anima è il principio che rende vivente un corpo e non può essere disgiunto da esso. L'anima è il centro attivo e dinamico cui fanno capo gli organi corporei che contribuiscono tutti insieme al mantenimento della vita. Distingue varie funzioni dell'anima: 
- anima vegetativa (che è causa della vita vegetativa, ossia nutrizione, crescita e riproduzione) propria dei vegetali, 
- anima sensitiva (sede della sensazione e del movimento) propria degli animali
- anima intellettiva (centro del pensiero e della volontà) propria dell'uomo.

Nella tradizione cristiana si elabora una concezione spiritualista dell'anima come sostanza, che utilizza prevalentemente alcune dottrine platoniche. 
Tommaso d'Aquino, afferma che essa è immortale e che costituisce la sostanza spirituale e individuale di ciascun uomo.

Prima metà del 17° secolo, le scoperte anatomiche e fisiologiche avviano un nuovo studio dell'uomo e del suo corpo su basi sperimentali e meccaniciste.
Cartesio )sostiene che l'uomo è composto di due sostanze: pensiero (sostanza pensante) e corpo che occupa uno spazio (sostanza estesa). L'anima è principio del solo pensiero, non della vita in tutte le sue manifestazioni. La dualità di corpo e anima è radicale.

La scuola degli empiristi inglesi (17° e 18° secolo) considera invece l'anima come un'idea oscura, l'idea di qualcosa che non si conosce bene (J. Locke); oppure nega l'esistenza dell'anima come qualcosa di diverso dall'insieme delle nostre sensazioni, che si susseguono in un perpetuo flusso e movimento (D. Hume).

Gli illuministi francesi del 18° secolo respingono il dualismo di Cartesio e accolgono l'ipotesi di una 'materia pensante'. Il problema dell'anima si sposta così sempre più sul piano delle ricerche empiriche circa il funzionamento e il comportamento della psiche umana.

Kant (seconda metà del 18° secolo) afferma che l'esistenza dell'anima e la sua immortalità sono postulati della ragion pratica, cioè qualcosa che non può essere dimostrato, ma che dev'essere necessariamente presupposto partendo da alcuni fatti evidenti, come la presenza della legge morale nel cuore dell'uomo.

Con l'idealismo tedesco, l'anima non è più considerata come momento isolato, ma viene compresa all'interno di un percorso, o movimento dialettico, dell'essere spirituale nel suo complesso.
Hegel respinge la nozione tradizionale di coscienza soggettiva come punto di riferimento dell'attività e del pensiero dell'uomo, e parla di uno Spirito assoluto, rispetto al quale l'anima rappresenta soltanto il primo grado dello sviluppo dell'attività spirituale dell'uomo.

Nel corso dell'Ottocento e del Novecento, correnti filosofiche positiviste e materialiste hanno escluso la realtà dell'anima dando un'interpretazione spiritualistica o metafisica di determinate funzioni cognitive del cervello. Nel 20° secolo, con la nascita della psicanalisi e la scoperta dell'inconscio, l'indagine si è spostata sul piano dell'analisi degli stati di coscienza e dei meccanismi di organizzazione della psiche, per la quale Freud ha proposto una tripartizione in Es (serbatoio delle energie psichiche, in gran parte inconsce), Io (sfera delle relazioni e contatti con la realtà esterna) e Super-io (sede dei valori e della coscienza morale).

Poesia integrale di WISLAWA SZYMBRORSKA in @amorepoesia

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