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' La luna saliva davanti a lui, e le voci della sera avvertiva | Mondo filosofia

" La luna saliva davanti a lui, e le voci della sera avvertivano l'uomo che la sua giornata era finita.  Era il grido cadenzato del cuculo, il zirlio dei grilli precoci, qualche gemito d'uccello; era il sospiro delle canne e la voce sempre più chiara del fiume: ma era soprattutto un soffio, un ansito misterioso che pareva uscire dalla terra stessa: sì, la giornata dell'uomo lavoratore era finita, ma cominciava la vita fantastica dei folletti, delle fate, degli spiriti erranti "

Grazia Deledda , Dal libro
"Canne al vento"


_Canne al vento_ racconta la fragilità dell’uomo, che vive un’esistenza in balia di una forza più grande di lui alla quale non può opporsi. L’uomo è la canna, ancorata al terreno ma mossa costantemente dal vento, trascinata in ogni direzione. La metafora uomo-canna, Deledda la ricava da una citazione del filosofo e matematico francese Blaise Pascal:
"L’uomo non è che una canna, la più fragile di tutta la natura; ma è una canna pensante. Non occorre che l’universo intero si armi per annientarlo: un vapore, una goccia d’acqua è sufficiente per ucciderlo. Ma quand’anche l’universo lo schiacciasse, l’uomo sarebbe pur sempre più nobile di chi lo uccide, dal momento che egli sa di morire e il vantaggio che l’universo ha su di lui; l’universo non sa nulla. Tutta la nostra dignità sta dunque nel pensiero. E’ in virtù di esso che dobbiamo elevarci, e non nello spazio e nella durata che non sapremmo riempire. Lavoriamo dunque a ben pensare: ecco il principio della morale"

La sua riflessione si muove tra ragione e sentimento ed è la ricerca di senso che muove gli esseri umani, che non sono solo canne, ma, canne pensanti, il che li rende gli esseri più dignitosi proprio davanti la morte. Infatti, l’universo un giorno ci inghiottirà, ma esso non saprà nulla di tutto ciò, mentre noi, pur soccombendo, sapremo di essere annientati. Il paradosso della nostra forza è anche la nostra debolezza, e viceversa. La coscienza, insomma, racchiude tutta la dignità umana, qualcosa di unico e speciale che per Pascal va devoluto alla ricerca ponderata, tra ragione e sentimento, della via verso Dio e condanna la vita dedita ai divertimenti e alla vanità («non nella durata e nello spazio che non sapremmo riempire»), che ci distraggono e ci impediscono di vedere esposta la nostra fragilità, ma anche di dare degno svolgimento a quella facoltà così unica che solo gli umani detengono. Ed è da questo paradossale binomio “fragilità-pensiero” che si forma la metafora uomo-canna: la canna pensante, che, povera, tende a fluttuare ad ogni colpo di vento, quando invece dovrebbe sforzarsi di resistere al divenire per fissarsi umilmente sulla sua precaria singolarità, pensando a Dio e alla promessa di salvezza, in conscia attesa della falce che la mieterà.

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