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Quindi la storia ci dice questo: l'ignoranza americana ha prima innescato il neo-imperialismo russo, e poi non è riuscita a stroncarlo sul nascere.

Naturalmente le vicende vanno analizzate da entrambe le parti e del resto appare evidente che l'ignoranza che circonda il conflitto ucraino non sia esclusivamente occidentale.

L'incapacità di Putin di familiarizzare con la mentalità occidentale è emersa con grande evidenza nelle sue menzogne.
Impossibile credere alle sue affermazioni quando accusa gli ucraini di «genocidio» contro i russi. Dove sono le prove che dimostrano tali asserzioni, cose basilari come luoghi, date, numero di vittime e metodi di uccisione?
Quella stessa incapacità emerge dal suo assurdo suggerimento che fosse l'Ucraina a volere attaccare la Russia, o che fosse l'Occidente a volere costringere l'Ucraina a subire un «cambiamento forzato di identità».

Nel sostenere tale surreale narrativa mentre si rivolge «all'Occidente», Putin mostra una totale ignoranza della mentalità occidentale e tale ignoranza non è inferiore o meno grave di quella di qualsiasi presidente americano.

Le incomprensioni storiche di Putin iniziano con il tema della «espansione della NATO».
Secondo il suo punto di vista, la NATO si è espansa perché «l'Occidente» ha tramato la sua espansione.
Le cose non sono proprio andate così.
E' sicuramente vero che la NATO si auspicava un ingresso delle ex repubbliche sovietiche nel maggior numero possibile, tuttavia la pressione non veniva dall'alto, ma dal basso.
Infatti, quando l'URSS è crollata, i leader occidentali erano piuttosto diffidenti verso l'idea di ammettere gli ex rivali nella loro alleanza militare.

No, signori. Quelle che produssero l'espansione della NATO, furono le nuove democrazie uscenti dal Patto di Varsavia.
Era la richiesta del loro nuovo popolo che aveva acquisito potere.
In Ungheria, per esempio, ci fu un referendum sull'adesione alla NATO nel 1997. La proposta ottenne una adesione enorme: una maggioranza dell'85% risultò favorevole.

Non era dunque una manovra «dell'occidente», come Putin sostiene (senza forse neppure lui crederci seriamente), era piuttosto la volontà del popolo, proprio come l'adesione alla NATO era un obiettivo dichiarato della rivolta ungherese del 1956, che le milizie sovietiche repressero con l'uso delle armi, ottenendo l'effetto di aumentare nel popolo ungherese l'insofferenza verso il mondo sovietico e la sete di quella democrazia che intravedevano invece nei paesi della NATO.

Ed è con tutta probabilità proprio questa la seconda cosa che Putin non capisce (o che per pura opportunità, finge di non capire) della storia: gli «alleati» della Russia odiavano la Russia. Dal Baltico al Caucaso, è tuttora possibile riscontrare questo sentimento, più diffuso di quanto si immaginerebbe.
Parlando di Ucraina, chi vi scrive può confermarvi che per queste persone, l'Unione Sovietica non è il ricordo romantico che è per l'uomo che ha detto che il suo crollo è stato «una vera tragedia», ma piuttosto un autentico trauma di oppressione, miseria e omicidio.

Naturalmente è chiaro che tutto ciò sia in maniera evidente difficile da digerire per un ex esponente di punta del KGB, come Putin, ma è un fatto fondamentale della realtà che egli affronta, e di quella storia che egli sembra talmente deciso a far rivivere.

Ed è questo stesso background di Vladimir Putin, a condurlo alla sua forse peggiore incomprensione della storia: sminuire l'economia.
Nella sua interpretazione da glaciale guerriero, gli atlanti sono più importanti dei bilanci.
Ecco perché sta investendo così tante energie per allargare le frontiere del suo popolo e così poco per aumentare il suo reddito, che è inferiore a quello di quasi la metà dei paesi del mondo.
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