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Crack atomico In Europa ci sono 140 reattori attivi, una vent | Il caso Scafroglia

Crack atomico

In Europa ci sono 140 reattori attivi, una ventina hanno abbondantemente superato l’aspettativa di vita, altri invece soffrono di problemi strutturali, per altri ancora sono emerse gravi anomalie che erano state tenute nascoste falsificando documenti e rapporti interni. @ReportRai3 è andato a vedere in quale condizione si trovano le centrali nucleari europee.
In Slovenia c'è il reattore di Krško: rispettano anche qui gli standard di sicurezza, ma il reattore è stato costruito a distanza di pochi metri da una faglia attiva in una zona sismica di pericolosità medio-alta. È stato costruito negli anni '70, con conoscenze antisismiche ormai obsolete: uno stress test del 2011 ha rivelato che con accelerazioni del suolo superiori dello 0,8 metterebbero a rischio il nucleo.
Il direttore della centrale è però sicuro e, anzi, vuole costruire un nuovo reattore. L’Istituto Nazionale francese per la Sicurezza Nucleare, chiamato per una consulenza, risponde però in modo negativo e lancia un allarme anche sul reattore attivo. Krško è distante 130 km da Trieste e dalla costa veneta: se capitasse un incidente, la Bora che soffia su Trieste spingerebbe le emissioni radioattive proprio verso di noi.
Siamo in Belgio, sul porto di Anversa. A fianco della banchina del porto ci sono i reattori della centrale e il villaggio che sorgeva vicino alla centrale è oggi abbandonato.
In Belgio sono molti i reattori vecchi, dovrebbero durare 30 o al massimo 40 anni: nel 2015 dovevano essere chiusi, almeno i più vecchi, ma sono stati lasciati aperti senza fare controlli. Solo dopo Fukushima sono stati fatti dei test che hanno portato alla scoperta di crepe nel reattore.
Sostituire i reattori costa milioni, costruirne di nuovi costa miliardi: negli anni '70 si diceva, sbagliando, che la loro manutenzione sarebbe stata economica. Il decommissioning non è sostenibile e i governi spesso non hanno una visione energetica complessiva e programmatica così la vita delle centrali viene prorogata nonostante tutto.
Si va in Francia, a Fessenheim: è la centrale più vecchia, 40 anni di vita, ben il doppio di quella stimata. Sorge in un'area abitata dove vivono almeno un milione di persone. Le autorità si sono accorte ora di problemi al generatore di vapore: il rischio è che l'acqua usata per raffreddare il reattore si disperda. Il problema dei generatori è nell'acciaio: non sono perfetti come dicono i certificati. La società Areva aveva falsificato la certificazione e ignorato nel 2008 un difetto nei reattori. Areva è il secondo produttore al mondo di centrali nucleari.
E in Italia? Nel 2000 nasce Sogin, società pubblica per la dismissione delle centrali: è finanziata dalle nostre bollette e dovrebbe mettere in sicurezza i vecchi impianti. Duemila tonnellate di scorie dovevano essere trasferite nel deposito nazionale entro il 2023 ma la data è sempre stata posticipata continuando tutt'oggi a costruire depositi temporanei e ad utilizzare quelli che invece andrebbero chiusi come a Garigliano.
A Saluggia c'è il deposito più pericoloso: sorge sulle rive della Dora Baltea. Nel 2000 gli impianti sono finiti sott'acqua per l'esondazione del fiume. Il premio Nobel Carlo Rubbia, commentando l’accaduto, parlò di "catastrofe planetaria" appena sfiorata. Sotto l’impianto nucleare passa una falda acquifera che alimenta l’acquedotto di centinaia di Comuni.
Regione della Champagne: qui la Francia ha costruito il deposito nazionale per le scorie. È stata scelta questa zona per il terreno argilloso, i bidoni che arrivano sono stoccati in cubi di cemento all'interno di un tunnel per contenere eventuali perdite.
Tutti i paesi europei dovrebbero avere un deposito come quello francese: l'Italia rischia per questo una sanzione dall'Europa. La mappa per la scelta del sito italiano è ferma all'estate 2016. In Italia abbiamo una scadenza: entro il 2025 dovremmo avere questo deposito, perché in quella data la Francia ci restituirà 225 miliardi di scorie trattate. #Report