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Come nasce e chi è Marco Cavallo? 18 Maggio 2021 | Anita Picco | gs 通讯 / guerrilla stickers news

Come nasce e chi è Marco Cavallo?
18 Maggio 2021 | Anita Picconi

Simbolo della libertà e della chiusura dei manicomi

Maggio è il mese in cui si festeggia una delle leggi più rivoluzionarie della storia: la Legge 180, detta anche “Legge Basaglia”, dal nome dallo psichiatra, a mio avviso, più coraggioso della storia. Tra le tante cose che quegli anni di duro lavoro da parte dei professionisti della salute mentale hanno visto crescere e svilupparsi, una molta bella è la nascita di una scultura in legno e cartapesta, che porta il nome di Marco Cavallo.

Marco Cavallo è nato nel manicomio di Trieste, nel 1973, sotto le direttive di Franco Basaglia. I lavori veri e propri erano cominciati già un anno prima quando, dopo aver aperto le porte a Gorizia, Basaglia era approdato a Trieste. All’interno della struttura, infatti, si svolgevano diversi laboratori e, proprio dall’incontro tra le nuove attività e la voglia di fare insieme, nacque l’idea di questo fantastico progetto. Il promotore di ciò, però, non fu Franco ma un certo Vittorio Basaglia – cugino del noto psichiatra e docente all’Accademia di Belle Arti di Urbino – che non solo promosse il progetto, ma si prestò a lavorare insieme alle persone internate, tutti i giorni, intensamente, dalla mattina alla sera per un anno, dedicandovi anima e corpo, e tanta passione.

L’azzurro cavallo non nacque come una semplice intuizione, ma fu molto più ragionata. Era infatti un po’ di tempo che, all’interno delle riunioni e degli incontri tra utenti e operatori, si discuteva di creare qualcosa di manuale da costruire insieme. A queste assemblee partecipò anche Vittorio e tutti insieme arrivarono a pensare che, anni prima, proprio in quel manicomio, aveva vissuto realmente un cavallo molto amato, il quale fu salvato dal macello, proprio dagli utenti dell’epoca.

Questo cavallo si chiamava Marco, il nome fu dato proprio dagli stessi pazienti che gli volevano molto bene. Il suo ruolo era quello di trainare il carretto della lavanderia, con i rifiuti e materiali di scarto del manicomio; fino a quando, nel 1959, il cavallo era divenuto ormai anziano e non riusciva più a reggere tale fatica. Secondo molte persone doveva quindi essere abbattuto, perché non più utile. Ma i pazienti non accettarono che al povero animale toccasse tale sorte e riuscirono a giungere a un compromesso: questo consisteva nel far sì che l’ospedale si prendesse cura di lui, versando una somma pari a quella corrispondente alla vendita del cavallo.

Per ricordare questo fatto, nel 1973, l’impresa fu finalmente compiuta e, simbolicamente, all’interno della pancia del nostro Marco Cavallo, un prorompente equino alto ben quattro metri, furono inseriti tutti i sogni e i desideri di chi era ospite di questo ospedale.

Quando, qualche anno dopo, Basaglia riuscì a far approvare questa importantissima legge – che sancì la chiusura dei manicomi – si decise che questo cavallo dovesse diventare il simbolo della libertà, e il destino volle che le cose andarono davvero così. Questa scultura, infatti, era troppo grande per passare dai muri del manicomio e, quando si organizzò una grande festa per far conoscere al mondo questa meravigliosa creatura, ci si accorse che non riusciva a superare la porta.

Per questo, si decise che l’unica possibilità doveva essere quella di rompere i muri (ma romperli davvero!) e far diventare questo gesto qualcosa di simbolico, qualcosa che fosse una concreta rappresentazione della libertà e dei diritti di tutte le persone con disagio mentale: l’abbattimento delle barriere e della chiusura.

E fu così che Marco Cavallo diventò, nella storia della psichiatria e nei nostri cuori, il simbolo della libertà.