2021-11-20 06:44:18
LA COMUNIONE DEGLI ESSERI
Viene raccontato che la nostra evoluzione, come individui spirituali, raggiungerà livelli tali da superare il senso del tempo e della percezione per poter vivere coscientemente nella dimensione "dell'essere", cioè di un sentirsi di esistere cosi intenso che sarà in grado di identificarsi con la propria realtà; proprio quella che prima proiettava come esterna a lui.
C'è da chiedersi: come si può svolgere l’evoluzione di questo essere non più “duale”, ma “unitario” in un mondo dove non c’è più percezione, ma “identificazione” con ciò che è la realtà?
Partiamo da ciò che sappiamo con sicurezza.
Paul Davies (Professore di fisica teorica all’Università di Newcastle) nel suo libro “Universi Possibili” edizioni Arnoldo Mondadori, scrive:
"Tutte queste ricerche (nella fisica quantistica) presentano la Realtà, per quello che il termine può significare, non come una proprietà intrinseca del mondo esterno, ma come intimamente collegata alla percezione che ne abbiamo; alla nostra presenza in quanto osservatori coscienti. ...
Un'idea che, portata alle estreme conseguenze, implicherebbe che l'Universo acquisisca un'esistenza concreta soltanto in conseguenza dell'essere percepito...."
Si accettino o no queste idee paradossali, sta di fatto che la maggior parte dei fisici sembra d'accordo sul punto che, almeno a livello atomico, la materia rimane in uno stato irreale di esistenza latente finché non venga assoggettata effettivamente ad una misurazione od osservazione.
Altri fisici affermano:
"Ogni particella della materia è definita da una "funzione d'onda". Solo nel momento dell'osservazione tale funzione "collassa" in una misura che ci dice la posizione o la quantità di moto della particella.... La particella esiste in tutti i punti di una nuvola di probabilità. E' l'interazione con l'osservatore che la fa collassare in un singolo punto."
Dunque la scienza ci insegna che l’osservatore (l’individuo) stimola dalla materia indifferenziate e da una “nuvola di probabilità”, un evento che diventa oggettivo e osservabile come interazione; cioè è l’osservatore che crea la situazione e determina il fenomeno, compreso lo spazio e il tempo.
Nello spazio e nel tempo la coscienza di sé si realizza in un individuo separato dagli altri per un diverso stato “percettivo” ma nella sostanza non c'è separazione alcuna.
Infatti se l’evoluzione di ciascuno dovesse portare a far coincidere le proprie qualità percettive in maniera tale che diventassero identiche, cosa succederebbe?
Nella dimensione duale, nel mondo dello spazio-tempo si può ipotizzare che gli individui rimarrebbero con una coscienza e un individualità separata (ho dei dubbi su questo, anche perché sappiamo che non esistono due cose identiche nell'universo, ma prendiamolo per buono per non complicare ulteriormente le cose).
Però se arriviamo a concepire una dimensione in cui non esiste lo spazio che separi ma solo una gradazione di “sentirsi d’essere”, cioè una identificazione con la Realtà limitata all’ampiezza di quel “sentire”, cosa succederebbe?
L’unica cosa che mi viene in mente è la fusione delle due individualità (identiche come qualità di coscienza) in un’unica individualità che però “ricorderebbe” entrambe come suo patrimonio.
Non è forse questa la “Comunione dei Santi” della tradizione cattolica?
E non si può ipotizzare che di fusione in fusione, in un’evoluzione crescente del “sentirsi d’essere”, non si arrivi a una coscienza così immensa e così onnicomprendente da far pensare a Dio?
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