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14 settembre: FESTA DELL’ESALTAZIONE DELLA SANTA CROCE Dice | Amici di Don Leonardo Maria Pompei

14 settembre: FESTA DELL’ESALTAZIONE DELLA SANTA CROCE

Dice Gesù:

«Si chiama “Festa di S. Croce”.

Sarebbe meglio dire “Festa del Sacrificio”, perché sulla Croce c’è stato l’apoteosi del Sacrificio mio di Redentore.

E dicendo: del sacrificio, si potrebbe dire “del Sangue”, perché sulla Croce ho finito di spargere il mio Sangue sino all’ultima goccia, sin quando esso non è già più sangue ma siero di sangue: il trasudato estremo di un corpo che muore.

Quanto sangue, Maria! E l’ho sparso da per tutto, per santificare tutto e tutti. Anche in questo mio soffrire e sanguinare in più luoghi è il suo perché, che voi non indagate ma che Io, per la festa della Croce, ti voglio rivelare.

L’ho sparso nel Getsemani, orto e uliveto, per santificare la campagna e le opere della campagna. [...]

Ho sparso il mio Sangue nel Tempio, poiché ero già ferito da pietre e bastoni, per santificare nel Tempio di Gerusalemme il Tempio futuro, il cui cemento si iniziava in quell’ora: la mia Chiesa e tutte le chiese, case di Dio, e i ministri di esse.

L’ho sparso anche nel Sinedrio perché esso, oltre che la Chiesa, rappresentava anche la Scienza. [...]

L’ho sparso nel palazzo di Erode, per tutti i re della Terra, investiti da Me del supremo potere umano per la tutela dei loro popoli e della moralità dei loro stati. [...]

E così ho sparso il mio Sangue nel Pretorio dove risiedeva l’Autorità. [...]

Ho imporporato di una sempre maggior aspersione di sangue i soldati flagellatori per infondere alle milizie quel senso di umanità nella dolorosa evenienza delle guerre, malattie maledette che sempre risorgono perché non sapete estirpare da voi il veleno dell’odio e inocularvi l’amore. [...]

Il mio Sangue ha bagnato le vie della Città, stampando orme che, se più non si vedono, sono rimaste e rimarranno eternamente presenti nelle menti degli abitatori dei Cieli altissimi. Ho voluto santificare le vie dove tanto popolo passa e tanto male si commette. [...]

Ma l’ultimo Sangue non fu sparso sulle zolle, sulle pietre, sui volti e sulle vesti, in luoghi dove l’acqua di Dio o la mano dell’uomo lo poteva lavare e sperdere.

L’ultimo Sangue, raccolto fra il petto ed il cuore che già si gelava e sgorgato per l’ultimo spregio – perché nel Figlio di Dio e dell’Uomo non restasse una stilla di liquido vitale ed Io fossi realmente l’Agnello sgozzato per l’olocausto accettevole al Signore – l’ultime gocce del Sangue mio non sono andate disperse.

C’era una Madre sotto quella Croce!

Una Madre che finalmente poteva stringersi al legno della Croce, tendersi verso la sua Creatura uccisa, baciarne i piedi trafitti e rattratti nell’ultimo spasimo, e raccogliere nel suo velo verginale le estreme stille del Sangue del suo Figlio che gocciavano dal costato aperto e rigavano il mio corpo senza respiro.

Dolorosissima Mamma mia! Dalla mia nascita alla morte mia Ella ha dovuto soffrire anche per questo: di non poter dare alla sua Creatura quei conforti primi ed estremi che anche il più misero dei figli dell’uomo ha nel nascere e nel morire, e del suo velo ha dovuto far veste per il Figlio neonato e sudario per il Figlio svenato.

Quel Sangue non s’è perduto.

Esso c’è e vive e splende sul velo della Vergine. Porpora divina sul candore verginale, sarà il gonfalone di Cristo Giudice nel giorno del Giudizio.»

(Maria Valtorta, "I Quaderni del 1943", 14 settembre)