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Vent’anni fa il “telefono” cellulare poteva ancora giustificar | Democrazia Giustizia e Libertà

Vent’anni fa il “telefono” cellulare poteva ancora giustificare il sostantivo. Serviva, infatti, principalmente per telefonare e per inviare messaggi di testo (Android è arrivato nel 2005, il primo i-phone nel 2007; la Nokia garantì per la prima volta l’accesso a internet da un cellulare nel 1996, ma l’uso di massa dovette aspettare ancora più di dieci anni). Negli anni successivi, internet, reso disponibile sul cellulare, è progressivamente diventato l’ambiente utilizzato dal capitalismo digitale per realizzare profitti stratosferici grazie all’adozione di un modello imprenditoriale parassitario e manipolatorio.

  IL TELEFONO CELLULARE E IL NUOVO PRINCIPIO DI REALTÀ

L’utente, ridotto a una monade orbitante attorno al nuovo potere tecnocratico, ossia a tecno-suddito, viene dal potere continuamente lusingato e vezzeggiato. L’impiego di algoritmi sempre più sofisticati consente infatti di costruire un’offerta di flussi pseudo-informativi e di intrattenimento sempre più ritagliati su misura per l’utente in modo da mostrargli una porzione della realtà, secondo meccanismi di tipo sostanzialmente confermativo. Si noti solo per inciso che queste dinamiche rinforzano comprensibilmente l’effetto di una crescente quanto improduttiva e fuorviante polarizzazione del discorso pubblico.

Siamo così in presenza di un nuovo principio di realtà. Il tecno-suddito pensa entro i limiti tracciati dal potere che gli fornisce i giocattolini senza i quali non esiste; non mette mai veramente in questione il potere perché è stato ormai asservito ai suoi strumenti, ai suoi apparati, ai suoi protocolli. Propriamente, giacché il potere si alimenta del solo fatto che quegli strumenti siano usati, sono in linea di principio preclusi usi virtuosi:  ad essere decisivo è il fatto che quegli strumenti siano costantemente utilizzati, non il modo in cui vengono usati.

Questo significa anche che il capitalismo digitale, che costituisce l’ossatura economica del potere tecnocratico, ha ridefinito in senso specifico il rapporto dominatori /subalterni. I primi si identificano nell’èlite tecno-finanziaria dei capitalisti di sorveglianza, i secondi spaziano sostanzialmente dalle classi popolari al ceto medio impoverito, una sorta di terzo stato globalizzato che, però, continua di norma a pensare le proprie possibilità di riscatto o di ascesa entro il perimetro ideologico tracciato dai dominatori.

L’èlite tecno-finanziaria persegue il progetto di una ristrutturazione antropologica il cui obiettivo, in larga parte già conseguito, è forgiare il tecno-suddito. Il mondo digitale nel quale vive l’utente-suddito è caratterizzato dall’iper-frammentazione e dal ripiegamento narcisistico. Esso comporta dunque l’atrofia della coscienza sociale, alla quale viene sostituito l’io digitale, iper-frammentato, isolato e incapace di pensarsi collocato in una collettività diversa dal Mercato. Il nuovo principio di realtà è ritagliato su misura dell’io digitale e sul terreno della liquidazione della coscienza sociale.


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