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Quando, nel 1973, istituirono la Commissione Trilaterale, i fo | Democrazia Giustizia e Libertà

Quando, nel 1973, istituirono la Commissione Trilaterale, i fondatori David Rockefeller, Zbigniew Br­zezisnki e George Franklin ambivano a creare un organismo transnazionale consolidare l’ordine internazionale a guida Usa e attenuare le tensioni emergenti tra i membri della “triade capitalistica” – formata da Stati Uniti, Europa occidentale e Giappone – dovute alla crescita economica europea e nipponica e all’intensificazione della concorrenza inter-capitalistica registratasi sulla scia della crisi petrolifera.

  COME LA COMMISSIONE TRILATERALE HA MODELLATO L’OCCIDENTE CONTEMPORANEO

Lo scopo dei trilateralisti consisteva quindi nel trasformare il pianeta in uno spazio economico unificato implicante l’instaurazione di stretti legami di interdipendenza tra Stati e, come si legge all’interno di un fondamentale studio focalizzato sull’argomento, «la ristrutturazione del rapporto che intercorre tra lavoro e management in funzione degli interessi degli azionisti e dei creditori, la riduzione del ruolo dello Stato per quanto concerne lo sviluppo economico e il welfare, la crescita delle istituzioni finanziarie, la riconfigurazione del­la relazione tra settori finanziari e non finanziari a vantaggio dei primi, l’instaurazione di un quadro normativo favorevole alle fusioni e alle acquisizioni societarie, il rafforzamento delle Banche Centrali a con­dizione che esse si occupino in primo luogo di garantire la stabilità dei prezzi e l’introduzione di un nuovo orientamento generale finalizzato a drenare le risorse dalla periferia verso il centro».

Senza dimenticare l’abbassamento delle imposte sui redditi più alti, sui patrimoni e sul capitale, così da liberare risorse per gli inve­stimenti produttivi e porre fine al preoccupante declino della quota di ricchezza totale – misurata sulla base della proprietà combinata di immobili, azioni, obbligazioni, liquidità e altri beni – detenuta dal famoso 1% più abbiente della popolazione ai minimi dal 1922.

La contrazione dei redditi percepiti dalle fasce più abbienti era strettamente connessa al calo tendenziale dei profitti aziendali che, come intuito a suo tempo da Karl Marx, viene a determinarsi ogni qualvolta si verifica un ina­sprimento della competizione inter-capitalistica.

Per un certo perio­do, l’abbassamento della soglia di remunerazione prodotto dall’in­tensificazione del confronto tra Usa, Europa occidentale e Giappone fu compensato dal vertiginoso incremento della massa dei profitti industriali generata dal boom economico, ma a partire dalla metà degli anni ’60 il margine aveva cominciato ad assottigliarsi gradual­mente per effetto dell’ulteriore esasperazione della competizione inter-capitalistica, combinata alla risalita generalizzata dei salari e al rafforzamento delle organizzazioni sindacali.


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