2022-07-30 11:33:31
"IO NON HO UCCISO UMBERTO. IO HO UCCISO IL RE, HO UCCISO UN PRINCIPIO". IL 29 LUGLIO 1900 GAETANO BRESCI UCCISE UMBERTO I PER VENDICARE I MORTI DEI MOTI POPOLARI DEL 1898
Il re era già scampato a due attentati che Giovanni Passannante e Pietro Acciarito avevano compiuto ai suoi danni. Siccome temeva per la sua vita, era solito indossare una corazza nelle sue uscite pubbliche. Ma in quel 29 luglio 1900 il clima torrido e le probabili precipitazioni lo avevano scoraggiato dal ricorrere all’usuale protezione.
Alle 21.30 Umberto I si recò a Monza per presenziare ad una manifestazione ginnica organizzata dalla società locale “Forti e liberi”. Poco dopo il suo ingresso in carrozza nel campo dell’evento Gaetano Bresci si piazzò in una posizione favorevole e attese la fine delle premiazioni.
Quando il sovrano stava per ripartire l’anarchico, approfittando del caos generato dalla gran folla, si avvicinò e con la sua rivoltella esplose almeno tre colpi in direzione del re. I proiettili che di lì a poco tolsero la vita ad Umberto I erano stati appositamente limati per perforare l’eventuale corazza del sovrano.
Bresci fu presto disarmato e arrestato dai carabinieri che lo sottrassero al linciaggio della folla.
«Ho attentato al Capo dello Stato perché è responsabile di tutte le vittime pallide e sanguinanti del sistema che lui rappresenta e fa difendere. Concepii tale disegnamento dopo le sanguinose repressioni avvenute in Sicilia in seguito agli stati d'assedio emanati per decreto reale. E dopo avvenute le altre repressioni del ‘98 ancora più numerose e più barbare, sempre in seguito agli stati d'assedio emanati con decreto reale.» avrebbe detto allora l’anarchico di origine toscane, tornato appositamente dagli Stati Uniti per uccidere il monarca che qualcuno aveva soprannominato “re buono”.
Sicuramente buono non era stato verso coloro che nel 1898, cercando di ottenere migliori condizioni di vita e di lavoro o semplicemente chiedendo un pezzo di pane, erano scesi per le strade e avevano dovuto subire la dura repressione governativa.
Da Milano, in cui il generale Bava Beccaris prese a cannonate la folla uccidendo centinaia di persone, a Palermo, dove i soldati spararono su disoccupati donne e bambini, non vi fu area della penisola in cui non vo fossero violenze verso i manifestanti.
Erano le masse popolari schiacciate dalla repressione che Bresci decise di vendicare.
Condannato all’ergastolo, Bresci fu rinchiuso in una cella di tre metri per tre nel penitenziario di Santo Stefano. Controllato a vista, isolato dagli altri detenuti, costretto a portare pesanti catene ai piedi, morirà Il 22 maggio 1901 ufficialmente per suicidio, ufficiosamente ucciso dai suoi carcerieri.
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