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A PARMA I FASCISTI NON PASSARONO: DAL 1° AGOSTO 1922 GUIDO PIC | Contropotere 🏴

A PARMA I FASCISTI NON PASSARONO: DAL 1° AGOSTO 1922 GUIDO PICELLI, ANTONIO CIERI E GLI ARDITI DEL POPOLO RESPINSERO L'ASSALTO DELLE CAMICIE NERE

1° Agosto 1922. Il fascismo dilaga in tutto il Paese e prepara la marcia su Roma. I sindacati proclamano un grande sciopero generale in difesa dei diritti sociali, civili e politici. Le manifestazioni però non hanno successo per l’intervento delle camicie nere. In tutte le principali città le sedi dei giornali antifascisti sono date alle fiamme, gli operai sindacalizzati malmenati, le cooperative e le Case del Popolo prese d’assalto. Quasi dappertutto ma non a Parma.
Nella città emiliana è infatti operativo uno dei gruppi più attivi degli Arditi del Popolo, organizzazione antifascista fondata un anno prima da Argo Secondari e nata da una scissione degli Arditi d’Italia, ormai vicinissimi al fascismo. Tra le fila degli Arditi del Popolo confluiscono antifascisti, anarchici, comunisti e socialisti che intendono opporsi con ogni mezzo alle violenze che i fascisti scatenano contro operai, contadini e oppositori politici.
Nella città emiliana a guidare il nutrito e combattivo distaccamento vi era Guido Picelli, socialista radicale che molti anni dopo sarà soprannominato il Che Guevara di Parma. Al suo fianco Antonio Cieri, un anarchico abruzzese già noto alle regie autorità per i suoi atti sovversivi. Grazie a Picelli, a Cieri e a tutte le “canaglie” che li seguono a Parma, non solo lo sciopero riesce ma la città diventa una sorta di isola franca.
Il fascismo, però, non può tollerare questo smacco. Così fin dal 2 agosto da tutto il centro nord numerosissime camicie nere cominciano ad affluire verso Parma. Gli Arditi del Popolo si preparano a riceverli: i volontari vengono addestrati mentre ovunque sorgono barricate realizzate con i più disparati materiali. Il fronte degli antifascisti è molto ampio, si va dagli anarchici ai cattolici saltando tra intere generazioni. Partono subito gli scontri e ci sono i primi morti. Arriva a comandare gli assedianti addirittura Italo Balbo. Quest’ultimo, dopo alcuni giorni di osservazione, prende atto che la città non è prendibile se non a prezzo di una furibonda battaglia e, nonostante che siano ormai diecimila le camicie nere al suo comando, non lancia l'assalto.
Lo stallo si concluderà con l’intervento del Regio Esercito che, guidato dal generale Lodomez, entrerà a Parma senza sparare un colpo. Picelli, infatti, aveva trovato un accordo con il prefetto cittadino: avrebbe fatto entrare i militari se i fascisti restavano fuori dalla città. E così avvenne.
Antonio Cieri, che aveva difeso il Naviglio, la zona più esposta della città, e Guido Picelli saranno poi costretti a lasciare l’Italia. Si ritroveranno in Spagna dove riprenderanno le armi in difesa della rivoluzione. Cieri morirà durante l’assedio di Huesca guidando l’assalto dei suoi “bomboneros”, mentre Picelli perirà sul fronte di Mirabueno, colpito da una pallottola vagante tuttora non identificata con certezza.